Pronto, Carlo?! Ciao, come stai?
Non sono Carlo.
Sono un Panettone.
Come dici? Stai mangiando una fetta di Panettone?
Le ripeto che non sono Carlo. Deve aver sbagliato numero.
La saluto…
Ma con chi sto parlando?
Di nuovo: con un Panettone. E non so chi sia questo Carlo.
E non so neanche chi è lei.
Mi chiamo Giovanni. Ma da quando in qua i Panettoni rispondono al telefono?
Tra le altre, tutte le volte che qualcuno, come lei, si sbaglia e chiama uno di noi anziché il Carlo di turno.
Un Panettone di quelli veri?
Sì. Proprio uno di quelli.
Con l’uvetta, i canditi, la farina, il latte, le uova e tutto il resto.
Come da disciplinare.
Incredibile!
Mica tanto.
Quando squilla il suo telefono lei normalmente cosa fa?
Beh, rispondo.
È ciò che faccio anch’io.
Converrà, tuttavia, sul fatto che non è così normale che…
Invece non c’è proprio niente di straordinario.
Siamo il dolce di Natale e durante l’Avvento ci è permesso tutto.
Poi torniamo a sparire.
Per ripresentarci 12 mesi dopo.
Però io non ho mai parlato con una Zuppa Inglese o una Torta di Mele.
Ma perché questi sono dolci che si mangiano tutto l’anno.
Noi apparteniamo a un’altra specie: la nostra vita non dura neanche un mese.
Quindi?
Quindi rappresentiamo un prodotto legato al più significativo evento della cristianità, che ha un suo periodo ben delimitato e per quanto breve questo sia, sviluppa un giro d’affari annuo di 70 milioni di euro.
Non confonda il sacro col commerciale.
Non lo faccio mai.
Ma dietro e dopo un Panettone, ci sono persone che lavorano, industrie che producono, camion che trasportano, negozi che vendono.
Perfino lei che parla con me.
Forse ha ragione.
Tolga pure il forse.
Le spiego: siamo nati alla fine del 1400 a Milano, alla corte di Ludovico Sforza. Durante un pranzo di Natale di quegli anni, il dolce principale finì bruciato nel forno.
E allora?
Allora a quel punto intervenne uno sguattero di cucina, di nome Toni, che con gli avanzi della dispensa preparò, all’istante, un nuovo buonissimo dolce che, in suo omaggio, venne chiamato il “pan de Toni”.
Ossia il Panettone.
Davvero una bella storia. Un grande quel Toni.
Molto. Ma io continuo a non essere Carlo e non mi chiamo neppure Toni, pertanto…
Mi tolga un’ultima curiosità: perché il Panettone non si mangia anche a Ferragosto?
Perché c’è assenza di simboli e di tradizioni.
Mancano i nessi di contesto: le luci, gli addobbi, il presepe, i regali, la tombola. L’albero in soggiorno.
Ma so che da qualche parte…
E poi un po’ di freddo, un po’ di nebbia. Qualche fiocco di neve. La Messa di mezzanotte.
Esiste una sorta di mistica, non replicabile fuori dal Natale, di cui il Panettone è uno dei segni inseparabili.
Prima di chiudere, le posso chiedere un grosso favore?
Qualsiasi cosa pur di…
Può chiamare Carlo al mio posto?
Solo se lei compra 30 Panettoni.
Lei compreso?
Me compreso.
Affare fatto!
Perfetto. Adesso sono davvero curioso di sentire come farà a spiegarlo quando tornerà a casa.
Buon Natale!