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Due liste, quella dei buoni e quella dei cattivi, ogni anno creano polemiche negli States

C’è la sporca dozzina (Dirty dozen) dei 12 prodotti ortofrutticoli più contaminati da residui di pesticidi e ci sono i Clean fifteen, i 15 prodotti a minor contenuto di pesticidi. Il tutto a cura del gruppo ambientalista EWG (Environmental Working Group).

Più facile fare la spesa? In realtà, ridurre la complessità a un timbro di sano o contaminato è praticamente impossibile. Nonché controproducente. Per tante ragioni. Intanto i messaggi negativi non pagano. Anzi, creando paura e confusione, contraggono il paniere della spesa, deprimono gli acquisti di tutta l’ortofrutta, non solo quella “incriminata”. Come dimostra un’indagine dei ricercatori dell’Illinois Institute of technology.

Ci guadagna l’ortofrutta bio? Nemmeno. Il 61% di un campione di 500 persone, tutte a basso reddito, ha risposto: bio, no grazie; costa troppo!

Ma l’attacco alla sporca dozzina arriva anche dal fronte scientifico:

  • È la dose che fa il veleno ricorda un tossicologo dell’università di Davis, California. Non la sua presenza.
  • E i pesticidi rilevati nella “sporca dozzina” sono comunque presenti a livelli molto bassi.  Insomma non fanno male.

In realtà sarebbero almeno tre i fattori in gioco:

  • quantità di pesticida presente,
  • quantità di ortofrutta consumata,
  • tossicità del pesticida (non è uguale per tutti i prodotti).

Catalano direbbe: meglio consumare ortofrutta in quantità che non consumarla affatto.

Senza illusioni sul bio (per chi lo compra). Fino a un quarto dell’ortofrutta bio può contenere pesticidi, ma come per il convenzionale, non a livelli da costituire un problema per la salute (altri studi Usa).

Dirty-Dozen-Clean-15

E in Italia? Il recente report di Legambiente “Stop pesticidi” (in ortofrutta e trasformati) fa scattare l’allarme: “Un frutto su due con residui”, “Un terzo di frutta contaminato”, “Il cibo avvelenato” ecc. ecc. Quali sono, in realtà, i dati rilevati?

  • 1,2% di campioni con residui oltre i limiti (contro lo 0,7 del 2014)
  • 62% di campioni regolari senza residuo (58% nel 2014);
  • 36% di campioni legali, ma contaminati da tracce di più residui contemporaneamente (fino a 21 come nel tè verde).

Se il cocktail di pesticidi fa il velenopappagallo che mangia

La notizia è lì: il multiresiduo. Il cocktail di pesticidi. Che effetto fa? Non lo sappiamo, nè ci sono norme ad hoc sottolinea Legambiente. Secondo l’istituto di ricerca francese Inra possono essere più tossici.  Efsa non fa allarmismi, ma intanto ha avviato un megaprogetto pluriennale, Mix Tox, per capire una serie di cose dei cocktail: sinergie e antagonismi, esposizioni a piccole dosi per lungo tempo e così via.

Una cosa la sappiamo. Uno dei business del futuro sarà quello delle analisi chimiche. È   stimato in crescita del 7% annuo di qui al 2020. Il suo cuore batte in Europa, mercato numero uno già nel 2015.