- Cimino sfinisce tutti sul set
- In ogni immagine si muovono armoniosamente decine, a volte centinaia, di personaggi e animali
- Un ballo con 200 persone non basta. Bisogna che “qualche” carrozza ci giri attorno
- “I cancelli del cielo” fu un disastro commerciale. Fu la fine della carriera di Cimino e la United Artists fu venduta alla MGM
- Si corre, si lotta e l’amore si fa
- Riuscireste a girare una scena simile con quattro spicci (e senza computer)?
I cancelli del cielo è il “capolavoro maledetto” di Michael Cimino.
Il film racconta della guerra della Contea di Johnson, una vera e propria guerra tra allevatori e agricoltori.
Una pagina di storia del cinema e della nostra storia che merita di essere vista oggi.
Il film trae liberamente spunto dalla storia della guerra della Contea di Johnson, combattuta attorno al 1890 tra gli allevatori del Wyoming e gli immigrati europei accusati di rubare il bestiame e colpevoli di chiudere ai pascoli i piccoli appezzamenti di terra che avevano comprato dal governo federale che incentivava “la conquista del West”.
Dopo la fine della Guerra Civile l’esercito aveva cacciato gli indiani e gli allevatori si erano impossessati un territorio “vergine” per popolarlo di mandrie libere di muoversi in pascoli sterminati.
Avevano accumulato ricchezza, potere e grande influenza presso il governo di Washington.
Lo stesso governo pochi anni dopo si trovò costretto a incentivare l’insediamento di nuove comunità vendendo piccoli appezzamenti agli immigrati europei.
Chi aveva un privilegio consolidato non poteva accettare chi arrivava senza nulla in tasca, ma solo con la forza delle braccia per lavorare terreni incolti. Così la potente associazione degli allevatori con l’appoggio delle istituzioni mosse una vera e propria guerra contro gli immigrati con lo scopo dichiarato di sterminarli.
In questo contesto si incrociano i protagonisti del film, schierati sui fronti opposti e in lotta per contendersi l’amore di Ella, tenutaria di un bordello dove le prestazioni si pagano con bestiame (spesso rubato).
Ogni paesaggio, ogni stanza, ogni volto riportano allo spirito e all’immaginario del mito del west dando al film un’impronta al tempo stesso realistica e mitica. In ogni scena si muovono armoniosamente decine se non centinaia di uomini e animali in un susseguirsi di sequenze spettacolari ed emozionanti. I personaggi hanno una personalità e un fascino debordanti e ognuna delle tantissime facce che attraversano il film è davvero perfetta per farci entrare dentro alla storia.
Ma Cimino aveva in testa un film troppo grande che doveva mettere insieme il mito del west di John Ford, le facce brutte dei peones di Sergio Leone e la violenza di Sam Peckinpah per farli sposare con un melodrammatico triangolo amoroso alla Nicholas Ray. La grandezza delle intenzioni e la meticolosità dell’autore (si narra di scene ripetute più di 50 volte, di set a grandezza naturale distrutti e ricostruiti, di rapporti pessimi con attori e maestranze, di maltrattamenti agli animali) non potevano non fare deragliare questo progetto troppo ambizioso.
I tempi di produzione si prolungarono e i costi lievitarono dai preventivi 7,5 milioni di dollari agli oltre 44 milioni finali. La versione che avrebbe voluto Cimino non fu mai realizzata, il film uscì malamente ‘sforbiciato’ e fu stroncato dalla critica e ignorato dal pubblico.
La United Artists aveva dato carta bianca e un budget enorme a Cimino, fresco vincitore di cinque premi Oscar con “Il Cacciatore”, ma il risultato era stato un film enorme ma incompiuto. La United Artists fu venduta alla MGM e Cimino di fatto chiuse giovanissimo la sua carriera di regista.
Dopo il disastro commerciale dei “Cancelli del cielo” Hollywood voltò pagina ponendo fine a quella meravigliosa stagione che era stata la New Hollywood degli anni settanta quando gli Studios avevano dato carta bianca ad autori come Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, William Friedkin, lo stesso Cimino (ma anche Spielberg, Carpenter, Peckinpah…) per realizzare film ambiziosi e personali che per un decennio avevano portato il cinema americano ad andare controcorrente. Nel 1980 l’America entrava nel periodo reaganiano: la politica degli Studios doveva cambiare e in fondo anche il pubblico cercava altre cose.
Ma allora perché vedere “I cancelli del cielo” oggi?
Due anni fa il film è stato rimontato sotto la supervisione del regista e oggi è possibile vederne una bellissima versione restaurata. I Cancelli del cielo è un film unico, un film in cui ogni scena è uno spettacolo per gli occhi e un’emozione per lo spettatore. Ci permette di dare uno sguardo per niente conciliante verso le radici del mito americano (e verso il nostro presente) affrontando temi scomodi e raramente affrontati come le origini razziste e violente della patria della libertà.