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La Cannabis terapeutica è finita. I malati rimangono senza cure. Un’emergenza sanitaria. Lettera aperta al ministro dal “Comitato dei pazienti Cannabis medica”

logo DOLORE CANNABIS TERAPEUTICA

Dopo mesi di allarmi, adesso la Cannabis terapeutica è introvabile. Cosa vuol dire?

Immagina un menù natalizio a base di dolori, crisi epilettiche e dintorni.

Immagina la disperazione di migliaia di persone che si curano con la Cannabis.

Immagina che devono interrompere la cura.

Sono:

  • malati di sclerosi multipla e fibromialgia come Claudia o han subito lesioni al midollo spinale e la utilizzano come analgesico
  • in chemio o radioterapia e prendono Cannabis contro nausea e vomito
  • malati di aids o anoressia nervosa per stimolare l’appetito
  • malati di Alzheimer (non è autorizzata)

Ora non si trova più nelle farmacie italiane. Mancano:

  • i prodotti olandesi: Bedrocan, Bediol o Bedica
  • Fm2, la cannabis “di Stato” prodotta nello stabilimento militare di Firenze.

Peccato per i tanti allarmi sprecati:

 

https://youtu.be/6tS2p9sDUZY

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva suggerito  di “aspettare: le piantine stanno crescendo” in una trasmissione delle Iene.

Cannabis introvabile, l’appello del Comitato pazienti

Ora i malati si rivolgono al ministro con una lettera aperta. La scrive il neonato Comitato  dei Pazienti Cannabis medica. 

Un appello per “un’importazione di urgenza per rimediare a questa emergenza sanitaria che si  abbatte su un numero enorme di persone, da bambini ad anziani che non possono essere abbandonati”.

Sta saltando la continuità terapeutica

Cosa dicono i malati?

  • sta saltando qualsiasi continuità terapeutica”.
  • stiamo correndo a destra e a sinistra cacciando l’ultimo grammo di Bedica,  Bedrolite o Bediol ormai introvabili

Malati esposti a gesti di disperazione

  • Il rischio è che i malati si rivolgano al mercato illegale: “alcuni per disperazione, lo faranno”.
  • Ma non avranno certezza del risultato terapeutico oltre ad esporsi a rischi legali e di salute.

La lettera conclude:

“Non vogliamo perdere la dignità nel nostro dolore, nelle nostre crisi e in tutte le nostre patologie”.