Fat tax contro gli alimenti rischiosi per la salute: alcuni paesi europei lo fanno. E se premiassimo il cibo sano anziché punire quello cattivo?
Forse non tutti sanno che…
godere del cibo è uno dei piaceri della vita, ma uno stile alimentare sbilanciato, scorretto o semplicemente irregolare può accorciare di molto questo piacere.
Lo dimostra il problema dell’obesità con le sue ricadute negative sulla salute delle persone.
Buona parte della popolazione mondiale vive nei paesi in via di sviluppo. Tutte queste persone ripongono concrete speranze di innalzare il proprio livello di benessere nei prossimi anni…emulando modelli di consumo dei paesi occidentali più ricchi. Non è detto che questi stili di vita siano anche salutistici.
Quali sono i paesi con i più alto livelli di obesità? Puoi soddisfare qui la tua curiosità.
Non è un caso se l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) reputa che le malattie croniche imputabili al consumo eccessivo di cibo e che generano obesità stiano diventando un onere socio-economico maggiore di quelle legate alla malnutrizione.
Tre modi per correggere gli stili alimentari
In questa logica si vanno moltiplicando i tentativi di disciplinare gli stili alimentari considerati potenzialmente a rischio per la salute umana. Il motivo è l’aggravio della spesa sanitaria in termini di medicinali, ricoveri e perdita di autosufficienza del malato. Tutti problemi a cui predispone l’esposizione alle malattie legate al sovrappeso (diabete, problemi articolari, ipertensione, ecc..).
I modi per raggiungere questo obiettivo possono essere molteplici:
- sistemi di informazione obbligatori (l’elenco degli ingredienti in etichetta),
- regolamentazione pubblicitaria,
- e – udite, udite – imposizione fiscale su singoli alimenti o categorie di prodotti alimentari.
Chi tassa l’obesità in Europa
Lo strumento fiscale può venire utilizzato, sotto forma di imposta, quale deterrente.
In pratica, una fat tax (da non confondersi con la flat tax, molto citata in questo periodo pre-elettorale) su alimenti o bevande che si ritiene mettano a rischio la salute, in quanto di scarso valore nutrizionale a fronte di una marcata presenza di grassi o zuccheri (junk foods).
Il fenomeno non è circoscritto agli stati extra-europei, ma interessa anche quelli dell’UE:
- Francia: tassa su bevande analcoliche con zuccheri ed anidride carbonica,
- Ungheria: tassa sui soft drinks,
- Danimarca: imposta sui grassi saturi.
- Regno Unito tassa sullo zucchero
E in Italia? Abbiamo memoria di una proposta di qualche anno fa per applicare una tassa sulle bevande alcoliche o analcoliche altamente zuccherate e nulla più.
Dev’essere lo Stato a imporre uno stile di vita più sano?
Sicuramente no. D’altra parte, la promozione di comportamenti salutistici e auto-responsabili che
- nascano dall’informazione alimentare (scuola)
- e proseguano presso le famiglie
richiede tempi lunghi per arrivare a risultati concreti e la scelta della tassazione è una facile scorciatoia.
Ma la fat tax può favorire alimenti sani e redditi bassi
Però, volendo percorrere questa strada, è meglio ribaltare la logica punitiva dei provvedimenti fiscali.
Meglio premiare i comportamenti alimentari virtuosi invece che penalizzare quelli che non lo sono.
In tal senso, l’imposizione fiscale va resa selettiva per rendere più conveniente l’acquisto degli alimenti che danno maggiori garanzie salutistiche:
- funzionali
- che non provocano intolleranze alimentari
- biologici.
In questo modo sarebbe agevolato il passaggio a cibi più salutari anche per le fasce di popolazione a più basso reddito, così innalzando il livello di protezione sociale della popolazione.