Alghe marine? Un business “ecologico” che sta creando problemi ambientali e sociali perché cresciuto troppo rapidamente
Con le alghe marine si producono cibi, farmaci, fertilizzanti e persino carburanti. Di recente è stato trovato l’uovo di Colombo: alimentare il bestiame con alghe per tagliare le emissioni di anidride carbonica (di fonte zootecnica).
Ma Nazioni Unite e Scottish association for marine science hanno lanciato un police advice: la crescita vorticosa rischia di trasformarsi in crisi ambientale e sociale (v. i casi passati di banane e gamberetti).
Partiamo dal business miliardario degli estratti di alghe marine, le stime:
- giro d’affari nel 2016: circa 11 miliardi di $
- tasso di crescita annuo: 9%
- giro d’affari nel 2021: quasi a 18 miliardi di $
- produzione: 25 milioni di tonnellate/anno
Vediamo dove è cresciuta l’industria delle alghe a partire dagli anni ’50: soprattutto in Asia e in particolare in:
- Cina che produce circa la metà delle alghe mondiali (12,8 milioni di tonnellate)
- Indonesia (27% produzione mondiale con 6,5 milioni di tonnellate)
- Corea e Filippine
Ed ecco i molteplici vantaggi della coltivazione:
- Colma i vuoti lasciati dall’attività di pesca quando questa rallenta
- È considerata una delle acquacolture più favorevoli all’ambiente: non richiede fertilizzanti
- È promossa nei pvs come reddito alternativo alla pesca
- È stata integrata con piscicoltura intensiva come nursery per pesci e crostacei
E infine criticità e proposte:
- Le comunità dipendenti da una sola coltura sono altamente vulnerabili vedi il caso Filippine colpite nel 2011-13 da un batterio (310 milioni di $ di danni)
- Occorre promuovere la diversità genetica delle alghe
- Occorre migliorare le tecniche di allevamento
- La crescente competizione per lo spazio marino costiero (energie rinnovabili, acquacoltura, pesca , trasporti ecc), impone un coordinamento fra i vari utilizzatori nonché un regolamento per proteggere l’ambiente marino.