- ITALIA: asparago verde di Altedo Igp coltivato tra le province di Bologna e Ferrara
- SPAGNA: asparago di navarra Igp. Bianco. Venduto sia fresco sia trasformato. Ciò consente di proporlo al consumatore per un periodo più lungo
- SPAGNA: asparago Trigueros igp. Verde, amaro, venduto in mazzi piccoli.
- OLANDA: asparago bianco dop. Da notare la confezione, la scatola che dà valore aggiunto
- FRANCIA: l’asparago delle Landes è tra i più famosi. Il bianco va per la maggiore
- ITALIA: asparago cimadolmo. Bianco, si produce solo in Veneto e Friuli
- ITALIA: asparago di Cantello Igp, provincia di Varese. Venduto soprattutto in Svizzera
- ITALIA: asparago dop di Bassano. Bianco. Prodotto in dieci comuni della provincia di Vicenza
- ITALIA: asparago di Badoere Igp. Verde e bianco prodotto in un territoiro abbastanza vasto
- AUSTRIA: l’asparago è prodotto in una zona molto piccola. è Igp
Dop e Igp: belle, ma troppo piccole per competere. Eppure il mercato c’è: mancano 60 mila ettari nel mondo
Asparago Igp: “È un anno importante per la produzione: faremo concorrenza ai francesi. Vedremo se il prezzo finale darà soddisfazione anche agli agricoltori”. Se lo augura Gianni Cesari, presidente del Consorzio dell’Asparago verde Igp di Altedo.
Speriamo che vada proprio così. Mancano 60 mila ettari di asparago nel mondo, ma il futuro prossimo di dop e igp, quelle mignon, è un’allerta per gente con buone intenzioni. Come è stato spiegato ad Altedo, patria dell’asparago verde Igp, al workshop sulle denominazioni di origine.
I numeri da primato
Li snocciola Luciano Trentini, vicepresidente del gruppo dialogo civile “Prodotti orticoli” Ue:
- Italia primo paese per numero di dop e igp nella Ue
- Emilia-Romagna (44) e Veneto (36) in testa; poi Lombardia (30), Toscana (31), Lazio (27)
- Cinque regioni fanno il 58% dei riconoscimenti di tutte le denominazioni
- Il valore complessivo, 6.368 miliardi, è più che raddoppiato in 12 anni : “Qualcuno comincia a capire l’importanza delle denominazioni” commenta Trentini.
La realtà: consumi troppo ridotti!
- Valore alla produzione: i primi dieci prodotti sono di origine animale (carni e formaggi) con la sola eccezione della mela Alto Adige Igp…
- Rappresentano oltre l’81% del valore di tutte il prodotto commercializzato come dop-igp
- I dati di cereali e ortofrutticoli sono qui di fianco.
Come dire: “i consorzi dop e igp sono troppo piccoli per competere” o, peggio, “rischiano di essere spazzati via dal mercato” a fronte di costi gestionali che aumentano e regole che cambiano. Che fare per stare sul mercato? Per Trentini :
- bisogna uscire dalla logica di nicchia, produrre una massa critica di prodotto perché “il mercato vuole molto prodotto”
- introdurre innovazioni di prodotto e di processo,
- promuovere i prodotti.
E rilancia: “Torniamo a parlare di aggregazione? Ad esempio un solo Consorzio di tutela per più DOP e IGP”
Comunicare la fiducia ai consumatori
Ma stare sul mercato non è solo produrre, vuol dire comunicare con il consumatore, costruire un rapporto di fiducia, rispondere alla crescente preoccupazione del consumatore nei confronti del cibo spiega Igor Bombardi di CheckFruit, ente terzo di controllo. Ci vuole la tracciabilità: ogni denominazione prevede sempre un disciplinare e un processo di controllo che consente di ottenere la certificazione. Un punto fermo perché “Uno scandalo alimentare non perdona. Procura un danno enorme che, a cascata, dalla singola azienda si estende all’intero comparto”.
Garanzie che superano quelle di un normale prodotto etichettato. Il problema è che i sistemi di garanzia non parlano tutti la stessa lingua sottolinea Alberto Ventura della regione Emilia-Romagna. Dal 2006 è stato introdotto l’obbligo da parte Ue di riconoscere anche le registrazioni di Paesi terzi. Vale il concetto di rispetto reciproco delle denominazioni. Ma le garanzie cambiano da Paese a Paese, basti pensare al caso degli Stati Uniti…
Altrettanto importante è la “manutenzione” dei disciplinari, occorre anche un lavoro di correzione del tiro, di aggiornamento per tenere conto, ad esempio, delle innovazioni tecnologiche introdotte nei processi produttivi.
Il caso peggiore che può capitare? Inciampare nella burocrazia (guarda caso..). “Ci sono voluti dieci anni per ottenere il riconoscimento, nel frattempo molte cose erano cambiate…” racconta Andrea Galli del Consorzio Patata di Bologna Dop. E butta la palla ancora più avanti:
- “Ai Consorzi di tutela manca l’occhio commerciale: fanno cose che si ripercuotono sulla commercializzazione, ma non possono farla: perché non prevederla nella normativa?”.
- un testo unico per tutte le norme di riferimento riguardanti i Consorzi”.
Contro i pirati: collaborazione con Amazon, Alibaba, eBay
Intanto la rivoluzione digitale ha toccato il capitolo controlli. Oggi la repressione frodi fa i conti, quotidiani, con i pirati on-line. Imitazioni e non solo. “Tutto è iniziato da una vetrina di Harrod’s che vendeva un falso olio toscano” spiega Oreste Gerini, direttore generale dell’ICQRF del Mipaaf.
Sempre più consumatori nel mondo comprano on-line, nuovo mercato ormai consolidato anche per i prodotti agroalimentari e per molte eccellenze come dop e igp. Come si fanno i controlli online?
“Abbiamo avviato protocolli di collaborazione con i maggiori player dell’e-commerce”:
- Amazon (consegna cibo in giornata),
- Ebay (ha la sezione “Gusto” sul sito),
- Alibaba (l’e-commerce cinese più importante dei primi due).
“ICQRF ha funzione di autorità ex Officio. Segnala ad Alibaba, Ebay, Amazon le irregolarità con relativa documentazione”. Nel giro di 10-12 ore riusciamo a pulire le vetrine virtuali” ovvero a togliere prodotti tarocchi, quelli che imbrogliano il consumatore.
Quindi non scatta una sanzione quanto un danno di immagine. “Chi viene scoperto colpevole, perde sul punteggio di affidabilità, il rating, attribuito dalla piattaforma stessa, e retrocede di posizione”.
Meglio aggregarsi
I pirati mondiali ci imitano dop e igp, ma i consumatori le conoscono? “Per l’Emilia-Romagna la promozione della qualità è la politica numero uno – sottolinea Mario Montanari del servizio Innovazione, qualità, promozione e internazionalizzazione. L’export è fondamentale per mantenere vitale il nostro agroalimentare, ma bisogna crescere su mercati più ampi. E non solo europei.
Come si fa? Tre ingredienti:
- promozione perché i prodotti a denominazione sono ancora troppo poco percepiti dal consumatore estero (non italiano). Dobbiamo trasmettere quello che sta dietro quel prodotto e non solo le caratteristiche organolettiche. Il Psr per la prima volta destina risorse specifiche alle aziende che trasformano. E bisogna anche avere voce in capitolo in Europa nel momento in cui si costruiscono i regolamenti
- barriere fitosanitarie: un classico problema dei mercati internazionali: spesso sono solo pretesti.
- Innovazione: portare la freschezza dei prodotti nel mondo è ovviamente più complicato. Bisogna innovare su tanti aspetti: consumi, stoccaggio, packaging, logistica.
- interlocutori solidi e stabili sul territorio: è importante”.
Morale, aggregarsi è meglio.