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Il pesce, come l’ortofrutta, è tra i prodotti più “allergici” alle norme in materia di etichettatura

Siamo di fronte a un’ignoranza diffusa dei consumatori, compresi quelli che vivono in zone marine che sono poi la maggioranza visto che i mari bagnano buona parte della nostra penisola.

La maggior parte conosce solo un paio di specie e non riconosce neppure i pesci più comuni come sarde e alici, cefalo e aguglie, triglie e gallinelle. Le norme comunitarie e nazionali in materie di etichettatura potrebbero facilmente colmare queste lacune della coltura ittica dei consumatori e svolgere un utile ruolo di formazione.

L’etichetta del pesce venduto in pescheria deve riportare:

  • nome commerciale,
  • nome scientifico,
  • zona dove è stato pescato o allevato
  • strumenti utilizzati per la pesca in modo da favorire una pesca sostenibile.

Tutto ciò non avviene in Italia dove circa 500 etichettequasi l’80% di quelle sui banchi del pesce fresco sono irregolari e non rispettano quindi il regolamento europeo in vigore ormai da oltre due anni..

Lo denuncia Greenpeace Italia nel rapporto “Muta come un pesce” nel quale ha analizzato le informazioni indicate su oltre 600 etichette esposte sui banchi del pesce fresco di più di 100 rivenditori italiani (supermercati, pescherie e mercati rionali) in 13 regioni scelte a campione.

Dall’analisi di Greenpeace emerge che le pescherie adottano un’etichetta “riassuntiva” in quanto tra le informazioni obbligatorie

  • è quasi sempre presente solo l’indicazione del nome commerciale e non quello scientifico assente nel 34,1%  dei campioni
  • l’indicazione dell’attrezzo di pesca manca nel 36,3% dei casi,
  • l’indicazione della zona di cattura non è indicata correttamente nel 56,6% dei casi; nell’11% è completamente assente.

Le maggiori irregolarità sono state riscontrate nei mercati rionali e nelle pescherie, ma anche nei supermercati – si legge nel rapporto – la situazione è lontana dall’essere perfetta e le infrazioni registrate sono ancora troppo numerose.

Solo conoscendo l’attrezzo di pesca e la zona di cattura esatta, secondo il Rapporto di Greenpeace Italia, i consumatori possono scegliere “il pesce più sostenibile ovvero quello locale catturato con metodi che hanno un minor impatto sull’ambiente”.

Di qui la richiesta di “maggiori controlli, più legalità e un’adeguata formazione del personale addetto alla vendita affinché le normative vigenti vengano rispettate”.

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  • Sandrino ha detto:

    A questo punto e dopo la denuncia di Greenpeace si impone una campagna di formazione dei consumatori che, a quanto pare, scelgono e acquistano senza utilizzjare gli strumenti che la legislazione mette a loro disposizione come è il caso dell’etichettatura. I consumatori italiani leggono le etichette solo quando scoppia un caso specifico ed ecco allora tutti a cercare l’olio di palma tra gli ingredienti dei biscotti o la carne di cavallo tra gli ingredienti del ragù o dei tortellini. O ancora guardano le scadenze quando si ha notizia che qualcuno è stato sottoposto ad una lavanda gastrica per aver ingerito un alimento scaduto come il mascarpone!!!